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Ricordi Felici

Sono stata a trovare nonna poco fa e mi raccontava, come fa ogni volta, del passato...Ad un certa età non puoi fare altro che ricordare, tutta la tua vita è dietro. Se penso a come era Piazza dei Mille vent'anni fa, quando ero bambina, mi si stringe il cuore. Figurarsi come doveva apparire nel dopoguerra e poi ancora dopo, quando mio babbo era bambino, poi adolescente e poi uomo, negli anni del boom economico. Nonna la descrive come una piazza brulicante di gente, gente che veniva anche da quartieri lontani pur di assicurarsi il pesto che "bono come quello non si trova da nessun' altra parte". Lei aveva un banco di pesce e puliva datteri dalla mattina alla sera. Dice che i dolori reumatici che ha sono colpa del tempo trascorso con le mani nell'acqua, ad aprire una cozza dopo l'altra. Tornava in casa per pranzo, ma le botteghe erano sempre aperte, non come adesso che non vedono l'ora di tirare giù la saracinesca. Quando ero bimba, nonno mi veniva a prendere a scuola, alle Benci, mi issava sulla canna della bici e sulle note delle nostre voci che cantavano "Grazie dei fiori grazie" oppure "Cacao  meravigliao"scivolavamo lungo i fossi fino in Piazza della Repubblica per poi svoltare infine in via della Pina D'Oro e terminare la nostra corsa in Piazza Dei Mille. Nel tempo che nonna impiegava ad aprirci il portone io guardavo la piazza. Dalle botteghe era un continuo fluire di persone con le mani cariche di buste. Chi usciva dal fruttivendolo, chi dal norcino di fronte, chi dal panificio. Era tutto un vociare allegro. E mi piaceva tanto anche quando andavo a fare la spesa con babbo e mamma. Mentre aspettavi in fila per pagare, c'era sempre qualche vecchia signora con la crocchia che si scambiava ricette con la commerciante dietro il bancone. O chi dava consigli, chi raccontava aneddoti, chi spettegolava. Entravamo in una bottega dopo l'altra finchè la lista delle cose da comprare terminava. C'era Velia la storica fruttivendola, c'era il Bar buio con la sala biliardi dietro, c'era il panificio il cui profumo arrivava all'angolo con via della Pina D'oro, c'era il calzolaio, c'era la bottega dove nonno faceva cornici. Adoravo entrare in bottega da nonno, piena strabuzzante di asticelle di legno, colorate e non, che lui assemblava in cornici. Ogni volta che c'andavo, era l'odore della polvere del legno a inebriarmi ed ancora oggi quando ne sento il profumo mi ricordo di lui. E della grossa calamita con cui mi divertivo a raccogliere i chiodi sparsi sul tavolo. Quando andavo via, davo sempre una sbirciatina alla vetrina del pasticcere accanto, il Vaiani, e verso Ottobre ricordo che rimanevo imbambolata a guardare i fruttini di marzapane a forma di uovo al tegamino. E mamma spesso mi comprava una statuina in zucchero che io sgranocchiavo subito. Mi ricordo le domeniche in cui andavamo a comprare le paste : il millefoglie, il diplomatico, il cannolo al cioccolato, il babà...ognuno aveva la sua preferita.
Stasera la piazza era buia... Il norcino ha chiuso poco tempo fa, perchè non vendeva più. Dove c'era il fruttivendolo dei miei ricordi c'è un circolo gestito da nordafricani, gente che entra e gente che esce, mani che si scambiano soldi, birre sui marciapiedi, pozze di urina sulla strada. Ha aperto un kebab, un centro per le chiamate internazionali e tutta una serie di esercizi di cui si ignora la funzione. Qualcuno dei vecchi negozi resiste, ma non so ancora per quanto. Non c'è più il chiasso gioioso della gente che fa la spesa, dei bimbetti che mangiano la schiacciata, delle nonne che contrattano per avere  un po' di sconto. Se è difficile per me guardare questa piazza, immagino cosa debba provare nonna, che c'ha passato la vita: tanti dei suoi ricordi felici hanno questa piazza come sfondo.

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