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Puntino nero.

Sapete cosa penso? Che siamo tutti dei gran bugiardi. Ed il peggio è che le propiniamo a noi stessi le migliori bugie, convinti che siano realtà. Ci confiniamo dietro schemi, abitudini, convinzioni credendoli la verità, credendoli "Il Graal". Come se nient'altro potesse essere meglio per noi. Diciamo che stare soli fortifica, che ogni cosa avrà il suo tempo, che se non va è perchè non deve andare. La verità è che probabilmente siamo dovuti stare soli così a lungo che alla fine c'abbiamo fatto il callo; abbiamo dovuto aspettare tanto tempo che adesso vogliamo che sia il tempo ad aspettare noi; non abbiamo poi dato il massimo per ottenere qualcosa ed adesso cerchiamo scuse mistiche. E se stiamo bene da soli, con tutte le nostre colladaute abitudini che ci danno sicurezza e non ci fanno "soffrire", con tutti i nostri tempi allungati , perchè cambiare?
ABBIAMO PAURA! Siamo cagnolini con la coda fra le gambe. Perchè mutare l'andamente delle cose?

Perchè è vita, e chi non cambia muore. Lentamente, magari dopo altri più coraggiosi, ma inizia prima. Ogni esperienza, ogni minima cazzata è reale solo se condivisa. Altrimenti rimane fine a se stessa. Quindi auguro a tutti, compresa me, di essere un po' più impavidi, un po' più impulsivi. Staccatevi dalle vostre posizioni arroccate sugli scogli e fate scorrere l'acqua del mare a contatto con la vostra pelle. E se il sale brucerà, meglio, vuol dire che non siete ancora salme morte. La vita è imprevedibile, non si può cercare di controllarla continuamente. Io rientro nella categoria dei "maniaci del controllo", nel senso che devo prevedere, capire, anticipare, prevedere di nuovo e via così. Però capita che qualcosa o qualcuno arrivi, per puro caso, sulla mia strada, magari in una bella giornata assolata, quando il cielo è terso e mi sento in pace con l'universo. E' come un puntino nero sullo schermo della tv. Mi disturba la visuale, irrita la pagina quadrettata del mio io. Eppure se non ci fosse, sarei tanto più buia. Illumina i miei sensi, va a stimolare la mia mente che cerca spiegazioni, scuote i miei schemi e li rimescola a casaccio costringendomi a rivedere tutti i miei credo. E per quanto mi spaventi e mi destabilizzi, prego che non scompaia quel puntolino nero perchè nella sua "atipicità", nella sua  incromprensibile e assurda struttura ha catturato il mio spasmodico interesse verso le cose "diverse". Come  un piccolo  neo dipinto su un lato del naso, una volta che il tuo sguardo lo fissa, non riesce più a staccarsene.

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Ti piace il Natale?

Io scrivo, prima di tutto, per necessità. Oggi è la Vigilia di Natale e sento la necessità di farlo, perchè mi è stata fatta una domanda banale tempo fa e la mia risposta tuttora non mi soddisfa.  "Ti piace il Natale?" E' una domanda banale, no? Eppure non lo è. La mia risposta è stata frettolosa, troppo superficiale, perchè non me l'aspettavo e perchè era tanto che non rivolgevo a me stessa questo interrogativo. Ricordo una me che adorava questo periodo dell'anno, il più bello di tutti. Ricordo i miei ricordi dei Natali passati, dei nonni intorno alla tavola, delle tombolate, dell'ansia sotto il piumone nell'avvertire rumori sospetti di zoccoli di renna, della meraviglia dei regali. Ricordo un tardo pomeriggio, io sdraiata sopra le gambe di babbo mentre lui mi faceva ridere suonando le mie costole come fossero le corde di una chitarra, mentre un'ombra di Babbo Natale passava dietro i vetri della finestra del salotto. Ricordo la musica che risuonava ne

L' ardire.

 Alla domanda «Come immagini la tua mente?» ho risposto «Come una rete incasinata». «Puoi dirmi qualcosa di più di questa rete?» La vedevo come una serie di ragnatele parallele fra loro disposte su piani che si intersecano a creare un intrico di fili grigi, a maglie abbastanza strette. Sfondo nero. E mi sentivo costretta tra quelle reti. «Cosa faresti a quella rete?» Ho mimato il gesto di allargarla partendo dal centro e spingendo verso i lati in modo che le ragnatele rimanessero sui bordi e al centro aumentasse il nero. Poi ho visto un volto emergere da quel buio. E poi piano piano quel tunnel di fili si è trasformato in un tunnel fatto di tronchi e chiome verdi, fitti fitti da schermare in buona parte la luce del sole che filtrava nel tentativo di rischiarare tutto. E poi ho aggangiato il ricordo della mia poesia preferita, I Boschi di Westermain, e l'immagine della copertina del mio libro preferito in cui nel mezzo del bosco è dipinta una casa. "Entra in quei boschi incanta

I Boschi di Westermain.

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