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Mi sono rotta dei bilanci di fine anno.

E' il primo giorno del 2023, un nuovo anno ancora pandemico. Se proprio avessi dovuto esprimere un desiderio, sarebbe stato di sveglarmi da questo incubo e ritrovarmi a Dicembre 2019, di ritorno da un breve viaggetto a Londra a trovare mio fratello, in uno stato di totale ingenuità riguardo a ciò che il futuro poteva portare con sè. La pandemia mi ha privato di quel residuo di ingenuità  che mi faceva essere ottimista e guardare al domani con speranza; mi ha tolto la leggerezza di avvicinare il capo ad un amico per guardare lo stesso stupido schermo di un cellulare; mi ha precluso cene e merende tra le  mura di casa, festeggiamenti di compleanni invernali e pure il primo della mia bestiolina; ha reso la mia necessità di controllare e prevedere affannosa e mi ha messo di fronte al fatto che non riuscirò a controllare e prevedere come facevo prima. Io che non posso essere tenuta al guinzaglio, io che non posso avere un "capo", io che non posso avere catene e limiti imposti da altri, io che voglio avere il pieno controllo della mia vita, ho scoperto di avere un nemico beffardo e viscido. Sto cercando con tutte le mie rimaste forze a rialzarmi, in questo nuovo disincantato mondo che mi ha visto anche divenire madre. La maternità mi ha destabilizzato tanto quanto la pandemia, credo. E' difficile non essere più padrona del tuo tempo, dei tuoi pensieri, dei tuoi progetti, dei tuoi spazi. C'è sempre anche la tua bestiolina, che ami come nient'altro forse, che ride come facevi tu nelle vecchie foto, che è maliziosa come sei tu, che è sfacciata ed insolente nello stesso modo, che ti riempi di umidi baci e abbracci notturni. Non so quanto ci vorrà per ritrovarmi completamente, forse alcune cose di me sono ormai perdute e non le riavrò più. E' questo crescere? Perdere il proprio equilibrio e imparare a camminare da capo? Non lo so, come sempre. Non so mai una beata minchia. Ho il dono di vedere le strade che dovrebbero percorrere gli altri con estrema nitidezza, ma come tutti i doni, non funziona quando cerco di utilizzarlo per me stessa. Ho però una buona notizia per il 2023: torno a pubblicare il mio primo libro, ma sotto uno pseudonimo. Cercatemi nel cyberspazio, mi chiamo Gilly Ramsey. Una, forse, nuova me.

Mi sono rotta dei bilanci di fine anno.

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Ti piace il Natale?

Io scrivo, prima di tutto, per necessità. Oggi è la Vigilia di Natale e sento la necessità di farlo, perchè mi è stata fatta una domanda banale tempo fa e la mia risposta tuttora non mi soddisfa.  "Ti piace il Natale?" E' una domanda banale, no? Eppure non lo è. La mia risposta è stata frettolosa, troppo superficiale, perchè non me l'aspettavo e perchè era tanto che non rivolgevo a me stessa questo interrogativo. Ricordo una me che adorava questo periodo dell'anno, il più bello di tutti. Ricordo i miei ricordi dei Natali passati, dei nonni intorno alla tavola, delle tombolate, dell'ansia sotto il piumone nell'avvertire rumori sospetti di zoccoli di renna, della meraviglia dei regali. Ricordo un tardo pomeriggio, io sdraiata sopra le gambe di babbo mentre lui mi faceva ridere suonando le mie costole come fossero le corde di una chitarra, mentre un'ombra di Babbo Natale passava dietro i vetri della finestra del salotto. Ricordo la musica che risuonava ne

L' ardire.

 Alla domanda «Come immagini la tua mente?» ho risposto «Come una rete incasinata». «Puoi dirmi qualcosa di più di questa rete?» La vedevo come una serie di ragnatele parallele fra loro disposte su piani che si intersecano a creare un intrico di fili grigi, a maglie abbastanza strette. Sfondo nero. E mi sentivo costretta tra quelle reti. «Cosa faresti a quella rete?» Ho mimato il gesto di allargarla partendo dal centro e spingendo verso i lati in modo che le ragnatele rimanessero sui bordi e al centro aumentasse il nero. Poi ho visto un volto emergere da quel buio. E poi piano piano quel tunnel di fili si è trasformato in un tunnel fatto di tronchi e chiome verdi, fitti fitti da schermare in buona parte la luce del sole che filtrava nel tentativo di rischiarare tutto. E poi ho aggangiato il ricordo della mia poesia preferita, I Boschi di Westermain, e l'immagine della copertina del mio libro preferito in cui nel mezzo del bosco è dipinta una casa. "Entra in quei boschi incanta

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Entra in quei boschi incantati tu che ne hai l'ardire. Niente ti farà del male sotto le foglie Più di quanto non ne faccia il nuotatore alle onde che fende. Getta in alto il tuo cuore lassù con l'allodola, Camminando in pace con il topo ed il verme, viaggerai bene. Solo per timore del buio Trema, ed essi lascieranno la loro forma. Migliaia di occhi sotto i cappucci stanno intorno ai tuoi capelli. Entra in quei boschi incantati tu che ne hai l'ardire. George Meredith La mia poesia preferita di sempre. Buon 1 Maggio!