La quarantena concede tempo a chi è sano e può stare a casa. Oggi ho deciso di sistemare quel cumulo di vecchi quaderni, album e fogli che vegeta da anni sull'ultimo ripiano della libreria della mia ex cameretta, ora ricostruita e riadattata in una stanza degli orrori, o meglio in una potteriana stanza delle necessità.
Finalmente ho trovato la forza di recidere il legame di sangue che mi teneva visceralmente attaccata a vecchi quaderni di matematica del liceo ed a lunghe stesure senza anima di dettati di una filosofia se possibile ancor più scarna di spirito. Cosa avrò pensato le altre volte che ero arrivata sul punto di buttarli? Ah, lo so! Che mi affeziono a tutto! Quei quaderni pieni di robe per me ormai senza significato, un tempo erano stati sui banchi della mia classe, scarabocchiati negli angoli dai miei amici, trasportati nelle loro case durante i pomeriggi di studio, le loro copertine amate e scelte con cura nei negozi. Ma oggi alcuni di loro sono finiti nella colonna della carta da buttare, appena la raccolta differenziata di quest'ultima riprenderà.
Sull'ultimo ripiano ho ritrovato altre reliquie che ricordavo, più prezione e care: vari album di disegno delle medie, dove ogni tanto si riconosce la mano ben più esperta di babbo; mosaici che avevano richiesto pomeriggi interi per essere conclusi; disegni dei miei sogni di bimbetta come la scuola di danza che avrei diretto insieme alla mia migliore amica del tempo (che mi abbandonò per un'altra ragazzina più popolare) oppure l'ambulatorio pediatrico che avrei diretto sempre con la solita (avevo proprio lo stile del cane bastonato) oppure ancora case immerse nel verde della campagna ed io appoggiata ad un albero che le ammiro da lontano.
Oggi ho forzato il mio diario segreto del 1996 ed ho fatto uno di quei viaggi nel passato che nemmeno in un film: mi sono rivista con Joy a stendere paginate di linee colorate per educazione tecnica e poi uscire insieme per andare in città, vestite come gemelle; ho ripercorso la mia prima cotta di cui tenevo un resoconto giornaliero, tipo dispaccio di guerra, un giorno insieme ed un giorno no; mi sono calata nel trench a costine di velluto turchese appartenuto a mia mamma ( e chissà quanti mi devono aver preso in giro per il suo essere fuori dalla moda del tempo) e mi sono ritrovata all' Astra a guardare quella prima cotta pattinare, con il cuore che balzava ogni volta che mi guardava; ho letto di quando ci telefonavamo per darci gli appuntamenti in giro (i telefonini non esistevano ancora) o scrivavamo lettere per chiedere consigli alle amiche (avevo delle bellissime carte da lettera).
La Me che sono oggi ha origini antiche, quando già a 12 anni riflettevo sul passato che non torna e sulla malinconia che tiene per mano i ricordi: quella bambina scriveva che non sarebbe mai cambiata per desiderio di un altro, mai. Quella bambina ingenua, sognatrice, ed a tratti fortemente folle, irrazionale e testarda fino al punto di divenire ridicola. Però in quel diario voleva includere quanti più dettagli sulle vicende che si succedevano così velocemente e sui loro protagonisti, così basta un attimo perchè un nome riporti alla mente la faccia furba e gli occhi nocciola di un ragazzino che non ho più incontrato; così in un nanosecondo sono nel cortile di Joy a litigare con quello che fu il mio primo vero amore e risento le canzoni che ci eravamo dedicati a vicenda prima che finisse tutto al macero. Alcuni dettagli li avevo riposti in un cassettino piccolo e polveroso della memoria, pensando quasi di averli perduti. Altri invece so sempre dove cercarli per riviverli, e non sono solo frutto della mia fantasia di bambina romantica e visionaria perchè ho tenuto le prove. E quelle contano.
Il mio essere di oggi deriva da quel passato e da quello che è seguito, non vado fiera di tutto e cerco di consolarmi dicendomi che ero giovane. I bambini sanno essere cattivi e capricciosi come difficilmente lo si può essere da grandi.
Ma giuro che ho cercato di rimediare ai miei errori.
Vi lascio con una delle cose più dolci ed innocenti conservate in quel diario che ho forzato.
"Solo 6 parole: Ti-vuoi-mettere-insieme-a-me?"
"Sì."
C'ho le prove. Giuro!
Finalmente ho trovato la forza di recidere il legame di sangue che mi teneva visceralmente attaccata a vecchi quaderni di matematica del liceo ed a lunghe stesure senza anima di dettati di una filosofia se possibile ancor più scarna di spirito. Cosa avrò pensato le altre volte che ero arrivata sul punto di buttarli? Ah, lo so! Che mi affeziono a tutto! Quei quaderni pieni di robe per me ormai senza significato, un tempo erano stati sui banchi della mia classe, scarabocchiati negli angoli dai miei amici, trasportati nelle loro case durante i pomeriggi di studio, le loro copertine amate e scelte con cura nei negozi. Ma oggi alcuni di loro sono finiti nella colonna della carta da buttare, appena la raccolta differenziata di quest'ultima riprenderà.
Sull'ultimo ripiano ho ritrovato altre reliquie che ricordavo, più prezione e care: vari album di disegno delle medie, dove ogni tanto si riconosce la mano ben più esperta di babbo; mosaici che avevano richiesto pomeriggi interi per essere conclusi; disegni dei miei sogni di bimbetta come la scuola di danza che avrei diretto insieme alla mia migliore amica del tempo (che mi abbandonò per un'altra ragazzina più popolare) oppure l'ambulatorio pediatrico che avrei diretto sempre con la solita (avevo proprio lo stile del cane bastonato) oppure ancora case immerse nel verde della campagna ed io appoggiata ad un albero che le ammiro da lontano.
Oggi ho forzato il mio diario segreto del 1996 ed ho fatto uno di quei viaggi nel passato che nemmeno in un film: mi sono rivista con Joy a stendere paginate di linee colorate per educazione tecnica e poi uscire insieme per andare in città, vestite come gemelle; ho ripercorso la mia prima cotta di cui tenevo un resoconto giornaliero, tipo dispaccio di guerra, un giorno insieme ed un giorno no; mi sono calata nel trench a costine di velluto turchese appartenuto a mia mamma ( e chissà quanti mi devono aver preso in giro per il suo essere fuori dalla moda del tempo) e mi sono ritrovata all' Astra a guardare quella prima cotta pattinare, con il cuore che balzava ogni volta che mi guardava; ho letto di quando ci telefonavamo per darci gli appuntamenti in giro (i telefonini non esistevano ancora) o scrivavamo lettere per chiedere consigli alle amiche (avevo delle bellissime carte da lettera).
La Me che sono oggi ha origini antiche, quando già a 12 anni riflettevo sul passato che non torna e sulla malinconia che tiene per mano i ricordi: quella bambina scriveva che non sarebbe mai cambiata per desiderio di un altro, mai. Quella bambina ingenua, sognatrice, ed a tratti fortemente folle, irrazionale e testarda fino al punto di divenire ridicola. Però in quel diario voleva includere quanti più dettagli sulle vicende che si succedevano così velocemente e sui loro protagonisti, così basta un attimo perchè un nome riporti alla mente la faccia furba e gli occhi nocciola di un ragazzino che non ho più incontrato; così in un nanosecondo sono nel cortile di Joy a litigare con quello che fu il mio primo vero amore e risento le canzoni che ci eravamo dedicati a vicenda prima che finisse tutto al macero. Alcuni dettagli li avevo riposti in un cassettino piccolo e polveroso della memoria, pensando quasi di averli perduti. Altri invece so sempre dove cercarli per riviverli, e non sono solo frutto della mia fantasia di bambina romantica e visionaria perchè ho tenuto le prove. E quelle contano.
Il mio essere di oggi deriva da quel passato e da quello che è seguito, non vado fiera di tutto e cerco di consolarmi dicendomi che ero giovane. I bambini sanno essere cattivi e capricciosi come difficilmente lo si può essere da grandi.
Ma giuro che ho cercato di rimediare ai miei errori.
Vi lascio con una delle cose più dolci ed innocenti conservate in quel diario che ho forzato.
"Solo 6 parole: Ti-vuoi-mettere-insieme-a-me?"
"Sì."
C'ho le prove. Giuro!
Poco tempo fa anche io ho fatto un tuffo nel passato: la quarantena ci fa riscoprire ricordi sepolti nella memoria, dettagli quasi dimenticati che per magia ti rotolano tutti quanti addosso, tutti in una volta come un respiro troppo pieno. La trovo una malinconia molto bella nella quale tuffarsi ogni decennio per riscoprire sui nostri visi un sorriso sincero. :)
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