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Equilibri.

Equilibri. Fragili da mantenere e difficili da trovare. Ognuno ha i propri a cui è affezionato e sa cosa può alterarli, più o meno reversibilmente. I miei sono consolidati, ne conosco i punti deboli e ne conosco la rigidità. Ma poi cosa sono se non semplici difese dalla sofferenza? All'interno dei loro confini ci sentiamo al sicuro, niente può coglierci di sorpresa, c'è quasi sempre un passaggio segreto da utilizzare in caso di estrema necessità, solo a noi noto.
Più vado avanti però, più mi confronto con gli altri, più vedo i miei equilibri come grattacieli antisismici. Sembrano rigidi ma in realtà sono in grado di oscillare, senza infrangersi. Quindi significa che posso permettermi di sbilanciarmi un po' a destra o un po' a sinistra, o da entrambe le parti, senza il timore che la struttura ceda. E stasera quasi quasi avrei la tentazione di lasciar a qualcuno la possibilità di farsi un'arrampicata per capire cosa succede. Potrei imparare a bilanciare il suo peso invece di scaraventarlo giù. Potrei offrirgli dei punti di appoggio ed aiutarlo nella scalata. E se poi arrivasse sulla cima e piantasse un piccone sull'apice delle mie fragilità? Si incrinerebbe tutta la struttura oppure la crepa rimarrebbe confinata come succede nei vetri delle auto? E se non succeddese nulla di così terribile, ma anzi il peso sulla cima desse ancora più stabilità? La tentazione di scoprirlo è immensa e difficile da tenere a distanza di sicurezza. So già come finirà. E voi?

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Ti piace il Natale?

Io scrivo, prima di tutto, per necessità. Oggi è la Vigilia di Natale e sento la necessità di farlo, perchè mi è stata fatta una domanda banale tempo fa e la mia risposta tuttora non mi soddisfa.  "Ti piace il Natale?" E' una domanda banale, no? Eppure non lo è. La mia risposta è stata frettolosa, troppo superficiale, perchè non me l'aspettavo e perchè era tanto che non rivolgevo a me stessa questo interrogativo. Ricordo una me che adorava questo periodo dell'anno, il più bello di tutti. Ricordo i miei ricordi dei Natali passati, dei nonni intorno alla tavola, delle tombolate, dell'ansia sotto il piumone nell'avvertire rumori sospetti di zoccoli di renna, della meraviglia dei regali. Ricordo un tardo pomeriggio, io sdraiata sopra le gambe di babbo mentre lui mi faceva ridere suonando le mie costole come fossero le corde di una chitarra, mentre un'ombra di Babbo Natale passava dietro i vetri della finestra del salotto. Ricordo la musica che risuonava ne

L' ardire.

 Alla domanda «Come immagini la tua mente?» ho risposto «Come una rete incasinata». «Puoi dirmi qualcosa di più di questa rete?» La vedevo come una serie di ragnatele parallele fra loro disposte su piani che si intersecano a creare un intrico di fili grigi, a maglie abbastanza strette. Sfondo nero. E mi sentivo costretta tra quelle reti. «Cosa faresti a quella rete?» Ho mimato il gesto di allargarla partendo dal centro e spingendo verso i lati in modo che le ragnatele rimanessero sui bordi e al centro aumentasse il nero. Poi ho visto un volto emergere da quel buio. E poi piano piano quel tunnel di fili si è trasformato in un tunnel fatto di tronchi e chiome verdi, fitti fitti da schermare in buona parte la luce del sole che filtrava nel tentativo di rischiarare tutto. E poi ho aggangiato il ricordo della mia poesia preferita, I Boschi di Westermain, e l'immagine della copertina del mio libro preferito in cui nel mezzo del bosco è dipinta una casa. "Entra in quei boschi incanta

I Boschi di Westermain.

Entra in quei boschi incantati tu che ne hai l'ardire. Niente ti farà del male sotto le foglie Più di quanto non ne faccia il nuotatore alle onde che fende. Getta in alto il tuo cuore lassù con l'allodola, Camminando in pace con il topo ed il verme, viaggerai bene. Solo per timore del buio Trema, ed essi lascieranno la loro forma. Migliaia di occhi sotto i cappucci stanno intorno ai tuoi capelli. Entra in quei boschi incantati tu che ne hai l'ardire. George Meredith La mia poesia preferita di sempre. Buon 1 Maggio!